Parole dalla quarantena

Qui potete trovare (speriamo di riuscirci tutti i giorni) parole e pensieri delle pastore e dei pastori della CELI. In questo periodo, nel quale il contatto tra le persone è molto ridotto o quasi azzerato, vorremmo provare ad indirizzare lo sguardo a qualcosa che è sempre valido: Noi non siamo soli! E anche se non siamo più raggiungibili dalle persone intorno a noi, siamo fiduciosi che Dio ci possa sempre raggiungere.

Con queste parole e pensieri vorremmo incoraggiarvi, rafforzarvi e magari ampliare il vostro campo visivo e la vostra mente su quello che troppo facilmente ci sfugge.

 

Mercoledi 13.05.2020

“Tu solo conosci il cuore di tutti i figli degli uomini” (1 Re 8:39)

Leggendo questo verso la prima cosa che mi è venuta in mente è il piccolo emoticon a forma di cuore rosso che spesso accompagna i messaggi inviati via WhatsApp. Domenica scorsa poi ne sono stati inviati a centinaia di migliaia assieme agli auguri per la festa della mamma. Ma anche in giornate normali questo piccolo simbolo viene inviato piuttosto frequentemente e riesce a comunicare più di tante parole. Basta la pressione di un dito sul tasto e ho già dato espressione ai miei sentimenti del momento, a ciò che mi muove e ciò che mi muove dentro. Un modo facile e rapido per condividere gioia, simpatia, approvazione, vicinanza, amicizia, affetto, amore e molte altre cose che voglio condividere con qualcuno e il destinatario, lui o lei che sia, lo capisce all’istante.

Il verso del giorno ci dice che di questo Dio sa tutto e lo sa di tutti gli esseri umani.  Lui sa come si sente ognuno di noi. Lui sa cosa c’è davvero dentro di noi, in profondità, cosa ci emoziona davvero. In realtà sembra un’idea inconcepibile – ma del resto, non è un po’ tutto inconcepibile in Dio?

“Solo tu conosci il cuore di tutti i figli degli figli degli umani.” Così pregava il re Salomone quando inaugurò il tempio appena costruito a Gerusalemme. Salomone sa che la gente che visiterà questo tempio si rivolgerà poi a Dio nelle più svariate occasioni. Molto spesso saranno situazioni di bisogno. Salomone chiede a Dio di dare a ciascuna di queste persone ciò che merita, “come tu conosci il suo cuore”, dice Salomone, e continua: “Perché tu solo conosci il cuore di tutti i figli degli uomini”.

Salomone sa che ciò che è visibile in un uomo può ingannare gli altri. Ciò che è dentro una persona, nessun estraneo riesce davvero a vederlo e saperlo. Ma quando Dio vede una persona e la giudica, allora non sono solo le azioni e le omissioni esteriori a venire soppesate, ma soprattutto i pensieri e le motivazioni che stanno dietro ad esse. E che spesso solo Dio conosce in tutte le connessioni e ramificazioni. Solo lui conosce il cuore di tutte le persone.

Il pensiero che Dio vede e sa più di me mi aiuta quando non riesco a capire le azioni di un altro, quando non riesco a seguire il suo pensiero. E lo stesso vale quando gli altri non riescono a comprendere le mie azioni, confidare che Dio conosce le mie motivazioni mi dà forza.

E cosa possiamo sapere noi umani del cuore di Dio? Soprattutto una cosa: che ci ama! Amen

 Carsten Gerdes

Mercoledi 29.04.2020
“Vola solo chi osa farlo”

“Lo scrittore cileno Luis Sepúlveda, malato di Covid-19, è morto all’età di 70 anni in un ospedale universitario della città di Oviedo, nel nord della Spagna. Ecco quanto dichiarato da un collaboratore dell’ospedale all’agenzia di stampa tedesca dpa: “L’autore de “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore“ – così la nota ufficiale del nosocomio – è morto per sindrome da insufficienza multiorgano.”

La notizia riportata dai giornali mi ha portato dentro le pagine di questo grande scrittore che viveva in esilio fin dai tempi di Pinochet. Prima in Germania, poi in Francia e infine, con la moglie, in Spagna. Aveva scritto libri con titoli che sono riusciti ad incuriosirmi. Oltre “Il vecchio che leggeva i romanzi d’amore” anche “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare “.

L’ho letto. Un libro meraviglioso per bambini e adulti che parla di una comunità di gatti cospiratori e sulle responsabilità che abbiamo verso gli altri esseri viventi. La storia è semplice: mentre il gatto Zorbas sta prendendo in tutto relax un bagno di sole in balcone, un gabbiano con il piumaggio zuppo di petrolio è costretto ad un atterraggio di emergenza proprio vicino a lui. Zorbas non perde tempo e vuole subito partire per chiedere consiglio ai suoi amici gatti su come aiutare il povero uccello. Ma il gabbiano, una femminuccia, sa che non le rimane molto tempo da vivere ha invece un altro desiderio: vuole deporre un uovo e si fa promettere tre cose dal gatto:

  1. di non mangiare l’uovo,
  2. di covare l’uovo,
  3. di insegnare al pulcino a volare.

Il gatto Zorbas pieno di compassione fa tutte e tre le promesse giurando sul suo onore da gatto rispettabile e poi parte alla ricerca dei suoi amici gatti: Colonello e Segretario sono “subaffittuari” di un ristorante italiano, Diderot vive in un enorme bazar di cianfrusaglie e Sopravento, il gatto del porto.

In assenza di Zorbas, la femmina di gabbiano depone il suo uovo e muore. Quando i gatti arrivano piangono la sua dipartita e la seppelliscono con tutti gli onori; Diderot dichiara che si tratta di un gabbiano reale. Di seguito, aiutato dai fedeli compagni gatti, per Zorbas inizia il faticoso periodo della cova, tenendo fede alla sua parola d’onore e alle sue promesse. Il pulcino appena uscito dal guscio vede Zorbas e lo chiama mamma. La nuova nata è una gabbianella. I gatti la battezzano “”Afortunada” e la portano in sicurezza nel bazar, abitazione di Diderot. Negli ampi spazi di questo magazzino il pulcino cresce amorevolmente accudito e nutrito – non senza qualche difficoltà –  dai gatti. Alla fine mancherebbero solo le lezioni di volo. Con l’aiuto di un poeta, che la porta sulla torre “Michel” di Amburgo, la gabbianella ormai adulta, viene lanciata in aria nel vento e nella pioggia … e spicca il volo, accompagnata dalle parole del poeta: “”Vola solo chi osa farlo”.

Questo libro mi ha fatto bene in questi giorni! Sia la meravigliosa semplicità con cui questi cinque gatti riescono ad aiutare la gabbianella, sia la saggia frase del poeta.

Non è certo una novità di questi giorni sapere quanto può essere bello e stimolante immergersi in un libro dimenticando tutto ciò che ci circonda. Anche questo libro di Luis Sepulveda ha questo effetto. Per di più insieme a tutta la famiglia. Ispirati da questo libro, possiamo spiegare anche noi le nostre ali virtuali e nei pensieri volare come la gabbianella verso altri luoghi e altri tempi, dove trovarci con le persone che ci sono care che in queste settimane ci mancano tanto. I pensieri sanno volare alto, eccome!

Mercoledi 22.04.2020
Perché voi siete tutti figli di Dio in Cristo Gesù per fede. Galati 3:26

 

Queste parole della lettera di Paolo alla chiesa di Galata fanno probabilmente parte di una formula battesimale cristiana molto antica. Di seguito l’apostolo spiega ciò che significa per lui: tutte le persone hanno lo stesso valore e formano un’unità attraverso la loro fede in Gesù Cristo, anche se possono presentarsi all’esterno in molto diverso. Tutti hanno uguali diritti, tutti possono partecipare, schiavi o padroni, ebrei o greci, ricchi o poveri, uomini o donne.

Una visione meravigliosa, trovo. Anzi, non solo una visione, perché quelle in fondo non si realizzano mai, ma piuttosto un atteggiamento, un atteggiamento che ognuno di noi può mettere alla base della propria vita e delle proprie azioni, sperando di esserne all’altezza. Già nel primissimo cristianesimo questa fraternità vissuta in concreto ha esercitato una fortissima forza di attrazione su molte persone, convincendole ad abbracciare la fede. Anche allora, come oggi, le esperienze di vita quotidiana delle persone erano per lo più diverse. Anche allora la società distingueva tra persone di origine, nazione, religione e genere diversi.

E purtroppo queste discriminanti – talvolta discriminazioni – non sono cambiate molto neanche oggi. Forse si sono addirittura accentuate. Il mondo globalizzato è sempre più diviso in coloro che vivono in pace e possono partecipare al lavoro e al consumo e altri che sono indigenti, senza lavoro, che si trovano a vivere in molte parti del mondo dove regnano guerra e miseria. In molti luoghi assistiamo a forti tensioni tra la gente del posto e gli stranieri. In molti contesti, uomini e donne non godono ancora degli stessi diritti e il successo dell’apprendimento dei bambini in età scolare dipende spesso in gran parte dal livello di istruzione dei loro genitori. In questo scenario è tanto più importante seguire le parole di Paolo con i fatti. A maggior ragione è importante fidarsi di questo pensiero: Siamo tutti uguali davanti a Dio. E poiché siamo uguali, non abbiamo bisogno di lottare e di metterci l’uno contro l’altro. Possiamo risparmiare questa forza e invece vivere felici insieme e gioire l’uno dell’altro. Amen

 

Carsten Gerdes, pastore della Comunità Evangelica Ecumenica di Ispra-Varese

Mercoledì 01.04. 2020 | Di Gesù il legno

 

“Duro legno, Cristo, fu la croce a Te, albero è di vita, or di frutti pien”

Come state affrontando queste settimane? A me sembra di vivere in un mondo completamente sconvolto, direi quasi scardinato. In questo momento poco è come prima. Sembra cambiata anche la percezione della velocità del tempo. Sembra che tutto proceda più lentamente. Mi capita di chiedermi, a che giorno della settimana siamo, quanto mancherà alla fine del tempo della Passione…

Una cosa che mi manca molto in questi giorni strani è poter cantare durante il culto. In queste settimane che la chiesa è chiusa, mi mancano le canzoni della Passione cantate insieme alla comunità.

Una delle mie canzoni preferite è “Holz auf Jesu Schulter” (Di Gesù il legno, Innario, n. 139, 1,2,6). Domenica scorsa l’ho cantata da solo in chiesa:

  1. Di Gesù il legno, che il mondo odiò, albero di vita che dà frutto buon

Kyrie eleison, guarda dove andiam Destaci dai morti, fa’ che risorgiam.

  1. Dio ti preghiamo: guida il cammin’, pace dà al mondo, si’ al cuor vicin’

Kyrie eleison, guarda dove andiam Destaci dai morti, fa’ che risorgiam.

6)   Duro legno, Cristo, fu la croce a Te, albero è di vita or di frutti pien’

Kyrie eleison, guarda dove andiam Destaci dai morti, fa’ che risorgiam.

 

In questo particolare periodo della Passione che stiamo vivendo, questo testo ha acquisito un nuovo significato per me. L’immagine dell’albero della morte di Gesù che diventa per noi un albero della vita, esprime una speranza meravigliosa in questo frangente in cui la sofferenza e la morte stanno prendendo il sopravvento. In cui spaventa e sconvolge la situazione negli ospedali, l’idea delle tante famiglie in lutto. Per molti, essere rinchiusi è difficile da sopportare, continuano a crescere le tensioni e i conflitti, crescono le preoccupazioni.

Per me tutto questo si concentra nell’immagine della croce e posso cantare a Gesù: “Kyrie eleison, guarda dove andiam’”. Il desiderio di risurrezione, di Pasqua, alla fine di questo periodo è più forte che mai. “Fa che risorgiam’.” Ovvero, liberaci da questo peso, fà che i numeri delle infezioni diminuiscano, che le misure prese siano efficaci e che i malati si riprendano!

La canzone parla di un viaggio, il viaggio della nostra vita. Anche queste settimane fanno parte di questo viaggio. Cresce il desiderio di pace. Ho bisogno di pace interiore e di tranquillità per affrontare questa situazione, per sopportarla meglio. E non serve soltanto la pace per me, ma anche la pace per il mondo intero. Questa pace significa per me anche solidarietà, con l’Italia come anche con la Spagna o l’Inghilterra, con tutti i paesi dove la situazione sta per acuirsi. Abbiamo bisogno di sostenerci a vicenda, sia tra i Paesi che tra i singoli individui del vicinato o della comunità.

Il fondo di tutti questi ragionamenti è questa immagine forte: l’albero morto da cui cresce un albero vivo con molti frutti. Una volta superata questa emergenza spero di trovarmi in un mondo cambiato, un mondo in cui tutti saremo più consapevoli dei valori e dell’importanza di concetti come umanità e comunità. Un mondo in cui non regneranno solo denaro e stress, ma in cui ci sia spazio anche per la nostra salvezza, la nostra fede, spazio per coltivare un rapporto d’amore e di vicinanza con l’altro.

Vostra Magdalena Tiebel-Gerdes, pastora di Ispra Varese

trad. nd

Giovedì 26.03.2020

26.03.2020 | Se non puoi uscire, vai dentro, dentro te stesso
(verso non tratto dalla Bibbia, ma dettato dalla vita)

Cara comunitá

La Bibbia conosce molte storie e situazioni di restrizione spaziale: l’arca dove Noè rimase con la sua famiglia e i molti animali durante l’alluvione, il profeta Giona inghiottito da una balena, l’apostolo Paolo, che più volte nella sua vita è dovuto rimanere in prigione a causa della sua fede.

Ci ritroviamo rinchiusi, tagliati fuori dalla vita e da tutte le distrazioni esteriori, concentrati su noi stessi. È naturale che, soprattutto all’inizio, a prevalere sia un senso di privazione: il rimpianto per la vita quotidiana di prima. Poi subentrano la paura e l’insicurezza: cosa sta succedendo a me e alla mia vita adesso? Ma alla fine, accanto a questie emozioni negative e angoscianti matura anche una sorta di ribellione: non voglio essere rinchiuso! Insomma, cose che tutti quanti proviamo e viviamo in queste settimane.

Ma: se non puoi uscire, entra, entra in te stesso. La frase non significa: guarda cosa potrebbe essere riordinato qui nel tuo appartamento. Oppure: posso sistemare quello scaffale? No, guardare dentro di sé significa di più. Si tratta di capire, cosa è veramente importante nella vita. Cosa voglio ottenere? Dove voglio arrivare? Che cosa mi manca?

All’improvviso si fanno larghi desideri, pensieri, domande che nel nostro quotidiano non hanno mai trovato spazio. Ora abbiamo l’occasione di porci dinnanzi a queste cose. E chissà, a sentire improvvisamente la voce di Dio, che vuole dirmi qualcosa.

Sono sicuro che anche ognuno di noi uscirà da questa situazione cambiato, diverso rispetto a come ci è entrato.

E questo non è un male.

Carsten Gerdes

 

 Giovedì 19/03/2020

2. R2 13, 23 ma il SIGNORE fece loro grazia, ne ebbe compassione e fu loro favorevole a causa del suo patto con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe; e non li volle distruggere; e, fino a ora, non li ha respinti dalla sua presenza.

Cara Comunità,
ho appena letto queste parole per la giornata odierna. Dio si rivolge di nuovo al popolo di Israele. Dio si avvicina all’uomo. Dio cerca la loro vicinanza, lo scambio con loro. Fa bene credere in un Dio che tiene alla comunità. Non soltanto ci tiene ma lo vede esistenziale. Non vuole, non riesce a stare da solo.

Prima avevo letto nel giornale di Martedì alcuni articoli che la gente si è incontrato nelle piazze e nei parchi per parlare, per giocare a boccia, per muoversi. Anche per noi uomini stare insieme e fondamentale. Abbiamo bisogno gli uni degli altri, il contatto, lo scambio reciproco. Essere privo di esso, essere isolato, è grave e difficile da sopportare. Nel caso estremo, l’isolamento può diventare tortura. Ma noi attualmente siamo lontani da esso.

Purtroppo leggo su internet che il governo sta pensando a regolamentare ulteriormente gli orari di apertura e le possibilità di uscire di casa. Non è una buona notizia stamattina.

Cosa significa? Utilizzate le possibilità di contatto che abbiamo. Per fortuna c’è il telefono, l’email, WhatsApp, Internet. Si, tutto soltanto qualcosa di tecnologico che non potrà mai sostituire un incontro vero e proprio. Ma comunque ci aiuta a contattare le persone. Ci aiuta a sopportare questa situazione se la possiamo condividere con gli altri ed ascoltare cosa ne dicono.

Aprite le finestre alle ore 18.00 ed ascoltate cosa si potrà sentire. La gente cerca di raggiungere gli altri attraverso la musica ed il suono delle campane. Un segno di fratellanza.

E provate anche, se non lo state già facendo, un’altra possibilità di interazione: fermarsi e mandare un pensiero, una frase, a Dio. Dio ci invita a questo.

Dio sia con Voi!

Pastore Carsten Gerdes

Lunedì 16.03. 2020

Un altro giorno fatto… una domenica senza culto, del tutto diversa da tutte le altre domeniche. E ora inizia la nuova settimana con la quarantena domestica. Come vivrò, quali sentimenti mi porteranno, cosa potrò fare? Troverò la pace interiore o sarò determinato dalle sempre nuove informazioni su persone sempre più contagiate? “Andrà tutto bene”: voglio crederci, e allo stesso tempo mi preoccupo di come continueranno le cose. “Illuminiamo l’Italia”: un buon segno che la luce è più forte del buio. Gesù Cristo dice: Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. (Giov. 8,12)

In questa fiducia che Dio è con me con la sua luce in Gesù Cristo, voglio passare la nuova settimana.

Pastore Helmut Schwalbe , Torre Annuziata

Giovedì, 12 Marzo

Versetto del 12 marzo 2020
“Signore, guida la mia causa e liberami; rinfrescami con la tua parola.” (Sal 119:154)

Solo un “niente di più”

“A causa del coronavirus è cancellata la cerimonia di commemorazione della catastrofe del reattore di Fukushima”, si legge sulla homepage della Tagesschau dell’11 marzo in memoria del cosiddetto triplice disastro in Giappone, nove anni fa. L’11 marzo 2011 alle 14:46 ora locale, un terremoto di magnitudo 9,0 della scala Richter scuoteva il nord-est del Giappone, seguito da uno tsunami e dal crollo della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Centinaia di chilometri di costa venivano devastate fino a far tremare anche le case della lontana Tokyo; ventimila persone persero la vita. Le aree contaminate rimarranno tale per i prossimi decenni.

 Quando sono arrivato a Tokyo nel 2013, per lavorare per tre anni presso il Consiglio nazionale cristiano in Giappone, mancavano solo pochi giorni al secondo anniversario del disastro. Il ricordo del 3/11, com’è stato nominato questa catastrofe, era ancora molto fresco in Giappone. Qualche settimana dopo sono venuto per la prima volta a Tohoku nel centro della zona del disastro. Ho chiesto alla mia collega pastora di Sendai se si sentiva di condividere con me i suoi ricordi di questo periodo. “Certo”, ha detto, “ma non era niente più che un semplice terremoto.”

 Niente più che un semplice terremoto significava che ancora tre settimane dopo il disastro vivevano di polpette di riso e di acqua e non avevano un tetto sopra la testa perché la casa presentava delle crepe profonde. Gran parte della regione è stata poi anche colpita duramente dallo tsunami, e di seguito si scoprì che i livelli di radionuclidi a Sendai erano tutt’altro che innocui.

 Rapportato alla mia situazione di oggi in Sicilia, potrei dire che sto vivendo niente di più che un semplice “Io resto a casa”. È incredibile come la vita cambi senza i soliti contatti sociali – eppure si tratta solo di un “niente di più”. Molte persone devono affrontare delle conseguenze molto più dure. Penso alle guide turistiche che mi raccontano che al momento subiscono una cancellazione dopo l’altra, loro vivono di questo, ma lo stesso sono disposte a fare qualcosa per gli altri.  Penso al personale medico e infermieristico, che si prende cura non solo di coloro che sono stati infettati dal virus COVID-19, ma di tutti i malati. O ai genitori che devono inventarsi ogni giorno qualcosa di nuovo per tenere occupati i loro bambini, vista la chiusura di scuole e asili.

Penso anche alla moglie del mio panettiere e al personale del nostro piccolo supermercato che ora mi servono con maschere che coprono la bocca e il naso. O al mio vicino di casa nel condominio che, come sempre, mi tiene gentilmente la porta aperta quando arrivo carico di roba. O alla nostra praticante, che risponde con un allegrissimo “bene” ogni volta che le chiedo come sta.

 Molti hanno paura. A molti manca la loro vita abituale. Molti devono fare sacrifici reali.

Signore, guida la mia causa e salvami” – questa è la nostra richiesta per tutti noi in Italia e in tutti i Paesi colpiti dal virus, soprattutto per coloro che sono stati infettati o la cui esistenza materiale è minacciata dalle conseguenze del virus.  E chiediamo anche: “rinfrescami con la tua parola”.

 “A voi cristiani va bene”, ho sentito dire più e più volte in Giappone, “quando succede qualcosa come l’11 marzo, avete qualcuno a cui rivolgervi”. E infatti, ce l’abbiamo. Grazie a Dio. Per ogni emergenza piccola e grande e anche per i disastri della nostra vita abbiamo un Dio che è lì per noi. 

Che possiamo sentire ogni giorno – anche adesso.

Pastora Kluger, comunità evangelica luterana di Sicilia

Traduzione: nd